Il vero volto di Sant’Antonio

Il vero volto di Sant’Antonio
Dall’ iconologia storica alla ricostruzione scientifica
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Una curiosità sulle immagini di uno tra santi più amati e venerati, Antonio da Padova (da non confondere con il barbuto Sant’Antonio Abate, protettore degli animali) riguarda l’aspetto giovanile, imberbe e dai lineamenti quasi fanciulleschi, dell’iconografia ufficiale; eppure si tratta di un uomo che condusse una vita assai breve (solo 36 anni) ma intensa, colma di viaggi e peregrinazioni, naufragi e pericoli, prima di salire al cielo ed essere santificato.

Il Guercino ( Giovanni Francesco Barbieri), Sant’Antonio da Padova e il Bambino,1656, Collezione Privata

Ma come mai quasi sempre, tanto i grandi maestri dell’arte, quanto le comuni immaginette devozionali lo ritraggono per lo più, con questo tipo di fisionomia?
Certamente, una prima spiegazione possiamo trovarla nel fatto che nei tempi passati, il mondo artistico usava identificare le caratteristiche dei personaggi ritratti, attraverso messaggi visivi che colpivano la vista dell’osservatore con espedienti precisi, tali da comunicare più facilmente, un determinato aspetto della personalità del soggetto raffigurato, oppure della sua attività o ancora, un suo status specifico.
Nel taumaturgo di Padova, si voleva mettere in risalto proprio la giovane età, dunque rappresentarlo privo di barba e con lineamenti quasi adolescenziali, significava fornire all’osservatore alcuni indizi fondamentali per riconoscerne la personalità; i canoni iconografici, di solito, erano i seguenti:
-vita breve = un volto giovanile ed imberbe;
-anima pura, spesa nella dedizione al prossimo= simboleggiata da un fiore di giglio che compare quasi sempre, nei suoi ritratti
-monaco= indossa il saio
-santo =segnalato dall’aureola.
Il più delle volte, Sant’Antonio è ritratto mentre tiene in braccio affettuosamente, Gesù Bambino ed è per questo che viene considerato il tenero patrono dei fanciulli; ma non solo, la devozione a questo grande monaco -che ancora oggi, non diminuisce nonostante la sua opera terrena sia ormai molto lontana nei secoli- si allarga in buona parte del mondo, fino in Portogallo, sua terra natale ma pure, in Brasile dove è patrono dei poveri, delle donne incinte ma anche dei viaggiatori, degli oggetti smarriti, dei pescatori, dei cavalli, di marinai e naufraghi, dei nativi americani, dei fidanzati e infine, dei matrimoni.
Esiste, però, qualche rara eccezione iconografica in cui l’ espressione del suo volto viene resa più matura ed autorevole, con il mento incorniciato da una leggera barba; anche i lineamenti risultano meno acerbi rispetto ai ritratti del santo, più comunemente diffusi.
Proprio questo aspetto desta in noi, una certa curiosità indagatoria sulle motivazioni che condussero maestri del calibro di El Greco o di Murillo, a discostarsi dalla tradizione.

El Greco (Dominikos Theotokopulos), Sant’Antonio da Padova,1580, Museo del Prado

Il noto dipinto di El Greco (Dominikos Theotokopulos) risale al 1580 ed oggi è conservato al Museo del Prado a Madrid. La particolarità che emerge in questa tela, non è tanto lo stile “allungato”, tipico ed unico con cui l’artista componeva tutte le sue figure; ma non è neppure la particolare configurazione dello scenario in cui, in modo del tutto inconsueto, El Greco posa un minuscola immagine di Gesù Bambino sopra alle pagine del libro. Questa immagine fu aggiunta dal pittore in un secondo tempo -come deducono i risultati di un moderno esame radiografico- proprio a confermare gli usi stilistici che al tempo di El Greco si erano ormai affermati nell’iconografia del santo portoghese.
Ciò che rende atipico questo dipinto è il modo in cui l’artista realizzò il volto del monaco francescano, ossia insolitamente asciutto e soprattutto con una leggera peluria che gli contorna i lineamenti. Un espediente per sottolinearne la maturità intellettuale, la forza d’animo e l’autorevolezza? E’ un’ ipotesi da non escludere.

Bartolomè Esteban Murillo Sant’Antonio da Padova, 1665/66, Museo delle Belle Arti di Siviglia

Altra opera che raffigura il patrono di Padova con la medesima caratteristica, è datata 1665/66 e fu dipinta a Bartolomè E. Murillo; il volto è più giovanile e i lineamenti sono più delicati rispetto alla tela di El Greco, di conseguenza rispecchiamo maggiormente i più comuni canoni di rappresentazione dell’ immagine antoniana. L’elemento barba potrebbe essere considerato valido a mostrare una giovinezza non adolescenziale, un voler sottolineare un vigore nelle azioni mistiche sì, ma movimentate, perchè il monaco di Lisbona viaggiò tanto, affrontò pericoli e vicissitudini di ogni genere, durante il suo operato religioso.
Ma si può anche ipotizzare che il santo portasse realmente la barba, che non avesse affatto quell’aspetto di giovinetto delicato che l’iconologia secolare gli aveva attribuito, creando così, un luogo comune che ha attraversato il tempo nell’immaginario collettivo.
Una personalità energica doveva essere quella del vero sant’Antonio da Padova, al secolo Fernando Martins de Bulhões (Lisbona, 15 agosto 1195 – Padova, 13 giugno 1231) appartenente all’Ordine francescano, proclamato santo da papa Gregorio IX nel 1232 e dichiarato dottore della Chiesa molti secoli dopo, nel 1946.
Primogenito di una nobile famiglia -il padre Martinho Afonso de Bulhões, cavaliere del re e probabile discendente di un noto condottiero della prima Crociata ( 1096-1099), Goffredo di Buglione. Da principio canonico regolare a Coimbra dal 1210, poi dal 1220, frate francescano. Dotato di grande umiltà ma anche di grande sapienza e cultura, per le sue valenti doti di predicatore.
Nel 1219 partecipò ad una spedizione missionaria indetta da Francesco d’Assisi, alla volta del Marocco, con l’intento di convertire i musulmani dell’Africa; una volta giunti a destinazione, i suoi compagni religiosi furono decapitati dagli indigeni.
Lo sconcerto per l’accaduto spinse il giovane devoto ad entrare definitivamente nell’ordine del santo d’Assisi, nel settembre 1220.
Nell’autunno dello stesso anno s’imbarcò con un confratello, Filippino di Castiglia, per riprendere l’attività missionaria ma contrasse la malaria e dovette rientrare a Coimbra; durante il viaggio di ritorno furono sorpresi da una tempesta e naufragarono fortunosamente sulla coste di Milazzo, da cui risalì a piedi, fino a nord Italia, predicando nei villaggi e nelle città soprattutto dell’Emilia e della Romagna, allora soggette a guerriglie civili che le insanguinavano, inasprite dagli scontri tra clan familiari. Antonio, senza sosta, esortava quelle popolazioni, alla pace e alla mitezza.
Una vita dedita alla missione di concordia e umiltà, tanto da rendere il patrono della città di Padova, tra i più amati dalla gente. Questo certamente è il motivo che spinse molti artisti a ritrarlo con tali caratteristiche ch’essi evidenziavano, particolarmente, nella raffigurazione del suo volto. Viaggiò e predicò ancora molto, soprattutto in Francia ma le fonti sono incerte sul periodo del suo rientro in Italia; un’antica tradizione narra che imbarcatosi per mare, naufragò nuovamente in Sicilia, dove sono conservate numerose reliquie a lui attribuite. Raggiunse Assisi il 30 maggio 1227.

Scuola di Giotto, Sant’Antonio, affresco, Basilica di S.Antonio, Padova

Gli ultimi anni della vita sono i più importanti per la sua eredità spirituale. Nonostante l’incarico di predicatore lo portasse in vari conventi dell’Italia settentrionale, scelse quello di Padova come propria residenza; da lì grazie al suo operato straordinario, in seguito fu acclamato patrono della città. Sant’Antonio si spense il 13 giugno 1321, poco tempo dopo la visione di un nobiluomo, tale conte Tiso, che lo ospitava a Camposanpiero; l’aristocratico narrò di aver visto il monaco immerso in una grande luce mentre teneva in braccio il Bambin Gesù.
I progressi scientifici dei nostri giorni aiutano a ricostruire qualche dato che ci permette di ottenere nozioni più certe e meno fantasiose sull’aspetto fisico del santo di Padova, quantomeno più realistiche dell’ immaginario ritrattistico trasmesso nel corso dei secoli e giunto fino a noi.
Molto interessanti risultano le ricerche compiute in questi ultimi anni, con moderne strumentazioni tecnologiche le quali hanno rivelato i tratti del volto molto vicini alla realtà. Gli scienziati hanno utilizzato il calco della la reliquia sua cranica, presente dalla Basilica di Padova.
Il calco fu realizzato nel 1981, in occasione di una ricognizione delle spoglie del santo.
La ricostruzione forense fu eseguita nel 2014 sulla base dell’analisi morfometrica del calco stesso, grazie al Museo di Antropologia dell’Università di Padova, in collaborazione con Arc-team Archaeology (TN), Centro Studi Antoniani (PD), Centro de Tecnologia da Informação “Renato Archer” e Laboratorio de Antropologia e Odontologia Forense (Brasile). Ad oggi, tale esame risulterebbe aver fornito, forse, l’ immagine più realistica finora mai realizzata.

Ricostruzione del volto in 3D (Elaborazione digitale di A.R.D. da foto scientifica ufficiale pubblicata sul web)

In effetti, l’immagine emersa, rispecchia le caratteristiche di un uomo caucasico, massiccio, dai lineamenti marcati e tipici del territorio mediterraneo -luogo d’origine del santo- confermando una struttura del volto senz’altro consona alla descrizione storica. Sant’Antonio ebbe un tipo di vita duro e movimentato, esigente una certa prestanza fisica. Ciò smentirebbe, senza ombra di dubbio, la ritrattistica tradizionale del giovinetto glabro e delicato.
Confrontando l’immagine dell’affresco di scuola giottesca della Basilica di Padova con quella risultante dall’ esame scientifico e pubblicata nell’anno 2014, non possiamo non riscontrare una certa somiglianza

Confronto tra la ricostruzione in 3D e il particolare del volto del santo nell’ affresco giottesco( Elaborazione digitale di A.R.D.)

Rispettivamente ai ritratti realizzati nelle epoche successive, l’affresco giottesco è forse quello maggiormente somigliante a tali caratteristiche. Il volto pieno, lo sguardo autorevole, i lineamenti non delicati e i tratti somatici più marcati, confermano in qualche modo l’ uomo immortalato nella ricostruzione tecnologica in 3D.
Ma non c’è da stupirsi se consideriamo che Giotto fu l’artista più coevo alla vita di S. Antonio da Padova dunque le cronache e i racconti dell’epoca, permisero al pittore o alla sua scuola, di interpretare con una certa dose di realismo, i caratteri somatici del grande taumaturgo.
Comunque sia, il moderno progresso tecnologico, utilizzato a fini culturali, può rivelarsi di grande aiuto a scoprire dettagli fondamentali per la ricerca degli storici dell’arte.

Anna Rita Delucca (09/11/2022)

Studio tratto da : “Il naufrago dell’Espero. Storia vera di un sopravvissuto” Romanzo storico di A.R.Delucca. Edizioni Youcanprint, Anno 2021.
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